Introduzione dell’autore Camillo Caglini
Il 16 ottobre 1943 Ancona subiva il primo dei bombardamenti aerei che hanno cambiato il volto della città.
Sono trascorsi 40 anni.
Ho inteso realizzare questa pubblicazione, costituita soltanto da documenti stilati giorno per giorno dalla Prefettura e dal Comitato Provinciale di Protezione Antiaerea, perché di quel tragico periodo rimanga la precisa cronaca.
Nel “diario”, perché tale può definirsi la raccolta dei documenti, sono puntualizzate anche le vicende dell’intera Provincia.
Per una visione dei danni provocati dai bombardamenti vengono proposte foto d’epoca riguardanti principalmente il centro storico di Ancona e, dello stesso, due planimetrie indicanti la sua consistenza prima e dopo gli eventi; in altra planimetria sono indicati i centri della Regione coinvolti nella tragica vicenda.
Tutti i documenti, fatta eccezione per le planimetrie e la foto in copertina, riprodotti senza apportare variazioni o correzioni, provengono dall’Archivio del Comando dei Vigili del Fuoco.
Ringrazio sentitamente la Prefettura ed il Comando dei Vigili del Fuoco per le autorizzazioni concessemi.
Sento inoltre il dovere di pubblicare i nominativi dei Componenti il 3° Corpo dei Vigili del Fuoco che in quel periodo hanno prestato, con abnegazione, la loro opera.
Presentazione di Vincenzo Pirani
La pubblicazione dei documenti relativi alla storia di Ancona, iniziata dal Ciavarini nel 1870 con le CRONICHE ANCONITANE di Lazzaro Bernabei, si è fermata quasi subito e molti testi inediti ed editi rari fanno ancora anticamera in attesa di esser portati a conoscenza di un più ampio numero di studiosi e di lettori.
Tanto per fare un esempio, quella miniera di notizie anconitane, il manoscritto di Camillo Albertini, dovrebbe ormai avere la sua edizione critica, in modo da mettere punti fermi su avvenimenti che ancora oggi si prestano ad essere differentemente considerati.
Ma la pazienza e l’assiduità alla ricerca, necessarie per un’opera di tal mole, non sono facili a trovarsi e tanto meno i mezzi finanziari occorrenti. I volumi rimangono cosi col loro carattere di unico esemplare, con tutti i rischi che la situazione comporta.
Andando a ritroso nel tempo, le stesse cose possono ripetersi per i manoscritti di Lando Ferretti e di Giovanni Picchi Tancredi.
Ma non è questa l’occasione per riaprire le piaghe che non fanno onore alla Città, dove si affiancano ad importanti e valide iniziative culturali altre più numerose ed inconsistenti che, però, sono egualmente costose ed il cui scopo non sembra inteso a consolidare il patrimonio culturale del passato ed a preparare quello dell’avvenire; e per dare il riconoscimento a chi ha voluto trarre dal silenzio degli archivi un documento che illustra, con la freddezza della cronaca, un periodo dolorosissimo della recentissima vita di Ancona.
Bisogna quindi precisare subito, ripetendo quanto detto, che non si presenta la storia del periodo bellico 1943-1944 ma la nuda cronaca dei mesi che videro bombardamenti, distruzioni e morte. La storia la redigeranno altri, quando la serenità del giudizio, spogliato delle passioni, potrà valutare equamente persone ed avvenimenti.
Il documento che si pubblica non è stato redatto da uno storico di professione e neppure da una sola persona. Lo hanno compilato coloro che si avvicendavano nei servizi di reparto, che avevano l’obbligo di segnare i tempi ed i luoghi degli interventi nella loro successione durante l’arco di ogni giornata per giustificare il quotidiano lavoro, i mezzi impiegati ed i risultati ottenuti. La cronaca è quindi fatta di indicazioni di ore e minuti e di località,con la breve descrizione dell’intervento e della sua durata. Di conseguenza non vi è posto per elucubrazioni, commenti od esercizio di bella scrittura, ma è solo testimonianza realistica dei tempi e luoghi delle immani ferite che hanno straziato Ancona e provincia.
Avvicinarsi a questo documento non era facile.
Anche solo a ricopiarlo, poteva sorgere la tentazione di integrarlo, correggerlo, commentarlo e, di conseguenza, snaturarlo. Ma era necessario portarlo a conoscenza di chi ormai ha solo il ricordo di quei giorni, ricordo in cui non è certo piacevole rifugiarsi, e di chi ne ha sentito parlare, con dolore e mestizia, ne ha visto le conseguenze, ma non ne ha afferrato la portata. Servirà poi domani, quando le generazioni che hanno vissuto quei momenti saranno passate, per non far cadere altra polvere della dimenticanza sopra i ruderi che ancora testimoniano quel periodo.
La delicatezza e l’umiltà necessarie a questo recupero, l’ha avuta Camillo Caglini.
Alle scarne righe di quel ‘diario’ di lavoro ha aggiunto soltanto ciò che era necessario alla visualizzazione dei luoghi citati, moltissimi, definitivamente scomparsi dal tessuto urbano, con cartografia e fotografie. Bisogna quindi dargli atto di questa castigatezza, che lo pone nello stesso piano di coloro che hanno steso il documento, e ringraziarlo per questo suo impegno che gli fa onore come cittadino e come persona di cultura.
Occorre ora augurarsi che questa fatica, che è un atto di amore alla Città, serva a chi, accingendosi ad illustrare le vicende di Ancona, possa dimostrare come la Città, nonostante le distruzioni, abbia avuto la forza di ritornare a vivere ed a prosperare, radicata nella fede che proclama il motto del suo stemma.