FIDUCIA (Ada Cagli Della Pergola), dalla Prefazione alla I, II, III edizione de “La visita”
La “Sor’Alvira!” Chi non la conosce? Voi la incontrate ogni giorno sulla vostra via, la ricevete nella vostra casa, vi godete il suo cordiale cicaleggio, il suo aperto sorriso, le sue confidenze. Essa è il piu perfetto, il piu grazioso tipo di parvenue che si possa creare: nata da un garibaldino, in famiglia denarosa, e per lo più marinara, abita quasi sempre al Porto; ha una casa arredata con sfarzoso e pessimo gusto, conosce mezz’Ancona, ostenta di frequentare la società elegante. Dovunque s’incontra il suo naso interrogativo, il suo saluto di degnazione, la sua veste pomposa, il suo cappellino di traverso, il suo innocente postiche. Loquacissima, la “Sor’Alvira” parla una mistura d’italiano spropositato e di ricercato dialetto: ha pretensioni di coltura e di raffinatezza, romanticherie di memorie e d’aspirazioni: ma è sempre una popolana; non quella semplice e schietta delle Scenette e Scenate, ma quella vissuta da bimba e da fanciulla in mezzo al popolo ed improvvisamente sbalzata in una società diversa: felice creazione di valore psicologico indiscutibile.
FIDUCIA (Ada Cagli Della Pergola), dalla Prefazione alla I, II, III edizione de “La visita”
Ecco alcuni dei 40 sonetti che compongono l’opera
.I. – I primi complimenti de la sor’Alvira
Si comidi un momento, ma gli pare?
Anzi, sia deto senza alcun rispeto,
quando vuole venirsi ad onorare…
Tienga il capelo, ch’ogi son frescheto…
Noi riceviamo il sabito per fare
pandan con la marchesa di rimpeto…
Anzi, ogi m’è venuta a visitare
insieme con la molie del prefeto…
Oh, siam per questo in buone relazioni
coi primi ristrocatichi d’Ancona
e viciversa con le autorità…
Col deputato, poi, siamo amiconi
e il ministero istesso, lui in persona,
manda il bilieto a visita a papà.
.II. – L’anticambera
Ma venghi avanti! Lei ch’è tanto amico
di Maso vuol che ‘l preghi come i santi ?
Non faci complimenti, quando i dico
che l’incomido è il nostro!… Venghi avanti!
Apena s’entra pare un poco antico…
Oh, mi necorgo… Me lo ha deto tanti…
Ma, vede, st’armoar dove lo fico?
È noce, non son robe dozinanti!
I zzampi pure, lei, se je dà un ochio,
sono a Luì Catorze e sta etagera
è d’un stile… che il nome non lo so…
L’insieme è misto… Tuto è a farci l’ochio…
Del resto, pure sul giornale c’era
che stile misto è stile a… racocò…
.III. – La cucina
Venghi oltro e amiri – scusi sa, se mi oso –
che ambiente che ciabiamo per cucina,
con due canele e un logo – ossia latrina –
che vien giù l’aqua col tirargli un coso…
La rola, forse, è un poco picenina;
oh, noi si cuoce senza mai riposo!
Ode, lei, sto profumo apetitoso?
È il tigame con drento una galina.
Ogi, per pranzo, in oltre a quel potachio
abiamo sgalopine, un becacino
fracassè, da fa’ invidia ancora a un prete….
Per sto genere, vede, io me c’impachio…
non mangio pane: ho il male zucherino,
o, come dice il medico, l’abiete…
.IV. – Culinaria
Ie piace a lei, ch’ha fato tante scole,
pastasciuta col cacio che fa il filo,
con regali di pollo, ossia il grigilo?
Oh, io ne vado pazza, cosa vole…
Oh, mica ci penzavo! Io lilo lilo…
Stia con noi! Ci spipiamo due bragiole…
Scialamo!… Vadi là! Come, non pole?
Che tigna! Oh, atente a qui che c’è un sgradilo…
Ie piace i folpi? E già, di quando in quando…
Io son rabita… Maso tira ai gnochi…
Eh già, l’inclinazione è un po’ diversa.
De gustibus, si sa, non è sputando;
e tanto meno, dice il “Re dei Cuochi”
sui cibi, culinaria… e viciversa.
.V. – Il saloto
Questo saloto è tuto raso fino
scifoné come pure le poltrone…
E questo qui è papà caribaldino
e queste è le medalie… Tute bone…!
Tuto è redato in stile “napulione”
ma mi anolia, ed adesso che Masino
ha passato di grado in Dirizione
le facio fare in stile “libertino”.
Abiam gas a retina già da un mese,
benché ciabi ‘virtito l’inginiere
che lugra molto osigino… Benone!
Or che papà è passato cavaliere,
capirà si è gambiato condizione…
Per questo, quindi, non badiamo a spese…!
.XII. – La cambera
Qui, sor Dovilio, è il tàlimo da sposa…
Ah! in questo interno non ci manca un filo!…
Piede al leto ci tiengo la dormosa
che al dopopranzo ci faciamo il chilo.
È il nostro nido … Jè, quant’è graziosa!
Qui Maso è più filice che tranquilo…
Non guardi, sa, il lavabbo: è stata Rosa
che al brocheto gli ha roto il becorilo…
Qui abiamo tuto: cipria, aqua di cachi,
profumo di Colonia e di Migone,
tintura d’odio e il vaso dei sputachi…
Questo mi costa un ochio: è un bel clistere…
Oh, noi teniamo tuto!… A l’ocasione
sono cose che fan sempre piacere…
.XXXIII. – Musica e canto
La musica, purtropo, dà dileto,
dice culù… Ciovè!… Dice il detato…
Io, quando canto, vede, ciò un difeto
che m’esalto… e mi more in gola il fiato…
Questo proviene, a quanto m’hano deto,
che ciò l’organo molto dilicato…
Ma quando canto sembro un augeleto:
fa campanelo tuto il vicinato…
Bela grazieta!… Questo si guadagna!
Ma gli ha risposto ben di soto un giovine:
E làscela campà, no, pora cagna!
E pur d’invidia al mondo ce n’è tropa!
Cantavo, sa: “Gran Dio, morir si giovine”;
sento una voce in strada che urla: “Schiopa!”
.XXXIV. Ancona
Oh! Stia a sintire: Io sono gentildona,
ma hano ragione fori che è potente
il gran matrïalismo qui d’Ancona
e la grassa ignoranza de la gente…
Cià fato caso, lei? Quì, na persona,
quando si vuol spiegare chiaramente
vi manda a quel paese! E si ragiona
con colpi, sbochi… J piasse un acidente!
Vai dopo pranzo un boconcino fori,
chi ti fano il sordino, chi un arloto,
dicendo: A la faciacia dei signori!
Bruti zzozzi! Trent’ani de galera!
E gli darei di gusto anche un cazzotto,
ma, che vuole?… Il dicoro… L’alta sfera…
.XL. Ultimi complimenti
Come, va via? Da già ci vuol levare
l’incomido?… ma speti!… Ha visto il pranzo
pronto? Ah, che odore! Venghi ad osservare
che gialezza di brodo!… È tuto manzo!
Quanta grazia di Dio! Ce n’è d’avanzo
anche pre i porchi… scusi del parlare…
Non dico già per lei, creda, ma a scanzo
di quivichi, aripeto: vuol restare?
Ho capito! Con lei fadiga persa…
In bene: vadi! Buona passegiata…
Va a casa? Ah, alora: buona permanenza…
Badi a le scale, ch’io ci son cascata
na volta cu ‘n signore… Che schifensa!
mi ci son rota il muso… E viciversa…