D.mare Numero 31 del febbraio 2018
La costruzione, voluta da papa Pio IX, fu ultimata nel luglio del 1860 e realizzata con criteri all’avanguardia. Sono il guardiano del faro migliore di tutto il regno.
Realizzato in mattoni ha come unici fregi i torelli in pietra che sono tipici degli edifici militari (di Claudio Desideri)
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Il sole è una palla infuocata che illumina le acque del porto di un color rosso arancio. Non mi abituerò mai a tanta bellezza e ogni volta che salgo sul terrazzo del faro non posso fare a meno di girarlo interamente per vedere il golfo, le rupi del Cardeto con sotto la spiaggia di sabbia fine, la cupola del Duomo e tutti i tetti di Ancona. Questo è il punto più alto della città, siamo a 110 metri sul livello del mare e non vi è luogo in cui si possa ammirare uno spettacolo simile.
Quando salgo la scala a chiocciola, in pietra d’Istria, mi fermo ad ogni finestrella che incontro. Ognuna è un quadro, a volte completamente azzurro per il mare, un’altra verde per il Cardeto, e un’altra ancora marrone per i tetti di Ancona.
Mi chiamo Antonio e sono il guardiano del faro che Pio IX ha voluto fosse costruito ad Ancona per segnare la rotta ai naviganti.
È stato inaugurato il 10 luglio del 1860, due mesi prima che Ancona entrasse a far parte del Regno d’Italia.
Ultima opera ad essere realizzata dallo Stato Pontificio in città, è alto circa 20 metri. Realizzato in mattoni ha come unici fregi, i torelli in pietra che riprendono le classiche costruzioni militari. Mi permetto di dire che è in piena sintonia con il Lazzaretto che da quassù sembra vicinissimo.
La lapide che è stata posta proprio sopra l’ingresso del faro reca una scritta latina che recita: “PIO IX Pontefice Massimo Principe ottimo ed indulgentissimo intraprese la torre dalle fondamenta e ordinò affinché Camillo Amici prefetto delle opere pubbliche e Lorenzo Randi presidente della Provincia di Ancona vi ponessero sopra fuochi notturni ardenti per nuovo artificio allo scopo di dirigere la rotta delle navi. Anno 1860.”
Il faro è ultramoderno, dotato di lenti Fresnel che sono capaci di aumentare notevolmente l’intensità dei fasci luminosi. A sostenerle un meccanismo con cuscinetti a sfere. La luce intermittente lancia un segnale luminoso ogni 45 secondi ed ogni lampo è preceduto da quattro secondi di luce inferiore.
La lampada è costituita da un lucignolo su cui è posta una campana di vetro che produce una corrente d’aria che porta la fiamma verso l’alto senza provocare fumo.
La mia maggior fatica è quella di trasportare l’olio che alimenta la fiamma e seguire con attenzione che questa non venga mai a spegnersi durante la notte.
Fresnel era un ingegnere francese che svolse importanti ricerche scientifiche, soprattutto in campo ottico.
La sua lente, di grandi dimensioni, è stata concepita in modo da fornire un intenso fascio di luce nonostante abbia spessore e peso ridotti. Questo consente di utilizzare, per i fari, lenti che altrimenti sarebbero pesantissime da far ruotare.
La mia giornata trascorre di norma tranquilla. In questo luogo ameno ho la fortuna di avere una piccola casa, un pozzo per l’acqua e un minuscolo orto dove coltivo qualche ortaggio. Praticamente sono quasi autosufficiente.
D’inverno vivere quassù è impegnativo.
Spesso soffia il vento forte di tramontana e quasi ogni giorno devo pulire bene le lenti affinché siano sempre efficienti nel fornire il segnale a chi naviga in queste acque.
Ho anche un grande cannocchiale con il quale seguo le navi che fiancheggiano la costa. Qualche volta mi soffermo anche sulla città per vedere come la vita scorre tra le sue vie e le sue piazze. Ma quello che più mi attira è il porto con la sua grande vivacità. Non potrebbe essere diversamente per uno scalo che è il più importante del Regno italiano in Adriatico. Vi è sempre un brulicare di velieri, barche e barconi, navi militari e navi commerciali. I Piemontesi hanno restaurato le mura medioevali del porto cui si accede sempre dalle portelle per giungere ad un moletto, largo soli tre metri, che le costeggia sino a San Primiano. Il molo si allarga solo dinnanzi ad ogni portella in una forma ad angolo acuto con piccole bitte dove si legano le barche che servono per raggiungere le navi in rada.
L’accesso principale, da cui entrano i viaggiatori che giungono dal mare, è sempre la portella di Santa Maria dove c’è la dogana. Anche il cantiere navale è stato restaurato per riparare le navi da guerra essendo Ancona base principale della flotta italiana.
La città è piena di militari. Anche il convento dei Cappuccini, qui sotto il faro, è caserma e deposito bellico e porta il nome della famosa eroina anconetana Stamura. Quando scendo in centro, preferisco passare attraverso il Campo degli Ebrei. Il cimitero, quasi abbandonato, ogni tanto accoglie nuove spoglie nonostante i divieti e mi capita spesso di incontrare persone che posano un sasso sulle pietre bianche delle tombe.
Un giorno ho assistito ad un fatto singolare. Era estate, una di quelle giornate che si preannunciano molto calde e avevo deciso di scender presto in città per sbrigare alcune faccende burocratiche e come al solito presi il sentiero che attraversa il Campo. Sul lato delle rupi, nella parte bassa del cimitero vidi un carro funebre trainato da due cavalli. A poca distanza tre persone intente a scavare ed una, ben vestita, in piedi con un grosso foglio in mano. Mi avvicinai e vidi che si trattava di una pianta del cimitero.
L’uomo mi disse che avrebbero dovuto esumare una salma per portarla al cimitero di Roma. Non ebbi il coraggio di chiedere altro ma è rimasta in me una domanda cui nessuno è più riuscito a dare risposta: dove è conservata questa pianta?
Più sotto sorge la nuova caserma Villarey che ospita più di 1.200 soldati e la polveriera Castelfidardo, considerata, ovviamente dal punto di vista architettonico, la più bella d’Italia.
Tutto intorno solo campagna dove stanno iniziando a comparire le prime costruzioni di case fuori le mura.
Vivo in una zona militare piena di armi e soldati ma la mia è un’isola di pace dove regna il silenzio e dove svolgo un lavoro che so essere di grande aiuto a chi solca questo splendido mare che circonda Ancona.
Materiale riproducibie citando la fonte ©SAUROMARINI.IT ©ANCONANOSTRA.IT
Dal gennaio 2018 all’ottobre 2019 il giornalista Claudio Desideri ha pubblicato sulla rivista D.mare una serie di racconti, con basi storiche e ambientati all’epoca, immedesimandosi nelle vesti di un personaggio di quei tempi. La serie è intitolata “La città nascosta”, ed i racconti centrano l’attenzione, per ogni racconto, su un monumento e sui suoi particolari, con l’ausilio di immagini in tema, scattate da Sauro Marini. Riproponiamo ora quei racconti e quelle immagini per farli apprezzare da chi non ha avuto a suo tempo l’occasione per farlo.